Parlando agli Dei
Vi è la necessità di un ritorno alle nostre radici, alla cultura che ci ha forgiati nella ricerca dei nostri impulsi e delle emozioni che nate dal cuore umano vengono da essa rielaborate. Attualmente si tende a considerare superata la cultura classica, vedendo l'umanesimo come qualcosa di opposto alla modernità di uno slancio innovativo continuo, in un malinteso senso della tecnologia. Vi è nei fatti un impoverimento culturale, un abbassamento del livello funzionante alla riduzione dell'uomo alla unidimensionalità del consumo secondo un modello economico-sociale definito a sciame, dove all'antica repressione si sostituisce il convincimento imitativo. [...] Ecco quindi la necessità di un tuffarsi nella dimensione collettiva mitica, nel riconoscersi nei miti fondatori rielaborandoli e collegandoli storicamente all'attuale. Un tessuto, una trama in cui le emozioni del singolo vengono a intrecciarsi con il succedersi della Storia e in questo intreccio la parabola del singolo acquista un proprio significato, specchio per gli altri, dignità dell'esistere. Il tempo diviene custode di un senso comune, superando il nichilismo che l'attuale modello comporta, risollevando l'esistenza da quello che è un semplice esistere, sopravvivere, fondato sull'influenza senza valutazione critica, mito acritico di una globalizzazione funzionale per interessi non espliciti. La poesia acquista pertanto una funzione di resistenza e critica contro l'appiattimento esistenziale, in quella che è stata definita anche come la "fine della storia". Cona la prefazione di Francesco Gazzè.
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