Apolide
Attraverso quest'opera, Magradze apre una riflessione sul rapporto tra poesia e società; una tematica che si dipana attraverso un impianto che mette in contrapposizione il potere da una parte e Giacomo Ponti dall'altra (protagonista del racconto in versi e incarnazione dell'alter ego dell'autore), chiamato a difendersi in un processo in cui è imputato ma senza conoscerne il motivo (un processo di kafkiana memoria, per intenderci). Il cognome «Ponti», che in georgiano sta per «finzione» richiama subito alla mente il «poeta fingitore» di Pessoa, il quale, per poter raccontare, passa attraverso la finzione poetica, perché, solo fingendo, è in grado di dire la verità; e in tal modo ha operato, ottimamente, Magradze stesso, traslando il proprio sentire in Giacomo Ponti, anima atavica di una poesia d'impegno - tesa alla libertà, alla bellezza, alla fratellanza - che si scontra contro un Regime castrante che vuole processarla (e qui il riferimento è a tutti i regimi possibili) e decide di condannarla ingiustamente, come è avvenuto con Socrate.
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