Le «mie» prigioni

Le «mie» prigioni

"Una porta di scuola che si apre è una porta di prigione che si chiude" dice Victor Hugo, ma qua la porta della scuola si apre in una casa di reclusione, dove gli alunni sono tutti carcerati, alunni "ristretti" da quelle sbarre di ferro che chiudono loro anche l'aria. Ma la porta aperta della scuola li immette nell'unico spazio felice, il solo dove possono respirare aria di libertà. E tra i banchi e la lavagna diventano alunni normali. Non importa la colpa che stanno pagando, non importa i delitti che hanno commesso, seduti sui banchi di scuola sono diventati dei semplici alunni, che come tutti gli scolari di questo mondo si scontrano con la Grammatica Italiana ed il Teorema di Pitagora. Ma la scuola in carcere non è quella del mattino, e nonostante l'inglese e l'informatica, nonostante i computer e le cartine geografiche, il peso della condanna è troppo grave da portare e di fronte all'insegnante che non è un giudice, si aprono gli uomini e parlano delle loro pene. Questo è un libro di testimonianza, un libro scritto da un'insegnante all'interno di una scuola "ristretta". È una voce che vuol portare fuori da quelle sbarre il grido muto di chi, dentro, cerca un riscatto.
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