«Le religioni sono vie di pace». (Falso!)

«Le religioni sono vie di pace». (Falso!)

È falso che le religioni siano vie di pace. È falso che siano modelli irenici; è falso che si debba a loro quel fragile concetto di ‘tolleranza’ che ha permesso la coesistenza di diverse appartenenze confessionali; è falso che al cuore delle religioni vi sia un’unica regola d’oro che le orienta verso la pacifica convivenza; è falso, infine, che le religioni siano vittime di strumentalizzazioni di ordine politico ed economico, e non il motore stesso di alcune guerre. La storia è punteggiata da guerre e violenze scatenate da motivi religiosi: dall’antisemitismo cristiano alle Crociate, dai tribunali dell’Inquisizione alla Guerra dei Trent’anni. Lo scenario non cambia se ci volgiamo al tempo presente: dall’Irlanda del Nord ai Balcani, dalla crisi tra Russia e Ucraina al Medio Oriente. Negli ultimi anni, in particolare, si è parlato di fondamentalismo islamico a causa dell’Isis; ma i fondamentalisti non sono solo islamici: numerosi e significativi episodi di intolleranza fondamentalista si sono verificati anche in campo cristiano e in quello ebraico. Le religioni orientali non fanno eccezione: basti pensare alle violenze degli induisti contro i musulmani in India ma anche al suprematismo buddista in Sri Lanka, nel Myanmar, in Thailandia. Di fronte al diffondersi di conflitti ispirati a motivi religiosi si commenta, spesso, che gli elementi religiosi sono solo un pretesto che maschera ragioni politiche ed economiche. Ma è davvero così? Paolo Naso, sociologo delle religioni, contesta questa semplificazione e ci spiega perché le religioni non sono necessariamente vie di pace, a partire da un dato strutturale: le religioni non sono meri corpi spirituali che si muovono secondo il piano di Dio, ma costruzioni umane condizionate da interessi materiali e politici. Operano nella storia e per questo non sfuggono alle leggi della geopolitica quando si mobilitano per fini che hanno un carattere secolare. Basti pensare ai fondamentalismi e ai radicalismi religiosi dei nostri giorni che, per quanto giudicati devianti e talvolta eretici rispetto alle ortodossie confessionali, utilizzano linguaggi e simboli religiosi.
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