Aspettavamo fiduciosi la primavera

Aspettavamo fiduciosi la primavera

E ora parlano loro, giù dal palcoscenico e dentro le pagine scritte di questa antologia corale che raccoglie diciannove "penne di teatro" che hanno accettato di scrivere dal loro isolamento, da Parigi a Palermo, da Novara a Venezia. Privati per decreto del loro lavoro di artisti senza fissa dimora, costretti in una notte a traslocare nelle stanze di casa di tante diverse città d'Italia e non solo. Sono contributi originali e diversi per timbro emotivo e sensibilità letteraria: memorie, suggestioni lontane, corti teatrali, diari social, versi, racconti dell'ultima recita. Testimonianze libere, sentite prima ancora che costruite, per ricordare in diciannove diverse istantanee d'autore i tempi dell'epidemia e i mesi del confino. Il mondo si è fermato alla vigilia della primavera, la stagione della rinascita e della vita che torna a danzare sulle fioriture. E anche i teatri, come le scuole, le aziende, i monumenti, i consumi, si sono fermati e hanno chiuso i battenti fra la polvere. Non era mai accaduto, neppure in guerra. È l'eccezionalità di tale evento il filo conduttore di queste storie "diversamente teatrali", ciascuna un'isola a parte di uno stesso arcipelago artistico che chiamiamo teatro, «il moribondo più illustre della storia dell'umanità», per dirla con le parole di Melania Giglio. Molto amato o ignorato, tendenzialmente povero, ma irrinunciabile presenza della nostra civiltà umana, a tutte le latitudini.
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