Ripensare i presocratici. Da Talete (anzi da Omero) a Zenone
Si potrebbe dire che sui presocratici c’è tutto da rifare. Basti pensare che molti ancora insistono nel sostenere che Parmenide si distinse unicamente per le sue elucubrazioni su essere e non-essere, e così pure che la benemerenza principale di Anassimandro è costituita dalla nozione di apeiron solo perché Aristotele non menziona alcun suo altro insegnamento. Partendo dall’evocazione di una società che fu da sempre molto diversa da quelle non greche (quella che i poemi omerici lasciano intravedere), l’autore guarda a Talete nell’ottica di chi non ha ancora idea delle caratteristiche che si addicono a un libro concepito come deposito di conoscenze, riscopre Ecateo e ravvisa in Eraclito un intellettuale che punta al capire molto più che al sapere. Ancora, nei maestri di Crotone indica i padri della dissezione e della botanica, e in Zenone un intellettuale sofisticato, ma molto diverso da quello che ha entusiasmato i matematici del Novecento. Questi antichi maestri meritano di essere ri-studiati con mente fresca e accostati con un’apertura mentale non indegna della loro. A questo ripensamento complessivo l’autore del presente volume si dedica da un buon decennio, e sembra che ora si sia arrivati a un punto d’arrivo.
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