Diderot e il demone dell'arte
L'orizzonte della riflessione estetica di Diderot, con particolare riferimento alle arti della rappresentazione, al teatro e alla pittura, è stato oggetto nella seconda metà del Novecento di una serie di letture critiche che hanno colto nell'opera del grande enciclopedista uno snodo decisivo per la formazione di uno sguardo estetico della modernità, capace di dialogare con le istanze contemporanee che attraversano gli studi di cultura visuale, le svolte metodologiche della storia e della critica d'arte novecentesche (Fried, Marin. Arasse), la riflessione sulla rappresentazione teatrale e sul ruolo dell'attore (Szondi, Barthes, Ejzenstejn) così come l'interrogazione nei confronti del soggetto e del linguaggio rivolta dal pensiero filosofico contemporaneo (Lyotard, Lacoue-Labarthe). Dall'incontro fra il Novecento e Diderot, qui ricostruito attraverso una selezione di saggi per lo più inediti in italiano, emerge l'immagine di un pensatore al tempo stesso a noi prossimo e distante, capace di parlare alla contemporaneità con forza attraverso la polifonia della sua scrittura, l'apertura alle differenze e alla molteplicità dei saperi e dei discorsi che rendono i suoi testi degli organismi ibridi, dei mostri testuali capaci di dare voce alla "parola degli altri" (Starobinski), come di intercettare e catturare nelle maglie della scrittura le immagini del suo tempo, mettendo in opera un esercizio dello sguardo che lavora negli interstizi fra il visibile e il dicibile.
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