Il terreno scabro. Wittgenstein su regole e forme di vita
Il terreno scabro è una espressione che Wittgenstein usa nelle Ricerche filosofiche per segnare una frattura teorica dalla quale nasce una nuova filosofia. In questa e attraverso questa, egli vuole allontanarsi dal mondo ideale che la purezza cristallina della logica immagina, quel mondo ideale che era stato pensato durante le riflessioni giovanili e che aveva trovato espressione nel Tractatus logico-philosophicus. Il filosofo viennese vuole allontanarsi da un mondo ideale dove non esiste movimento, cioè trasformazione e mutamento. La fase filosofica di Wittgenstein post Tractatus, incarnata nelle Ricerche filosofiche, nasce all'insegna della volontà di osservare il linguaggio reale, non la sua versione immaginaria, ideale e semplificata. Wittgenstein desidera osservare il linguaggio che si parla tutti i giorni e non solo il linguaggio studiato dai logici. Cosa significa muoversi sul terreno scabro del linguaggio reale? In primo luogo, l'attrito del terreno scabro frena il movimento filosofico verso l'alto, verso la metafisica del linguaggio, il quale, piuttosto che diventare ideale, rimane sempre ancorato all'immanenza della realtà. L'attrito evita che si spicchi il volo verso un fuori trascendente, ideale e metafisico, dove tutto fila liscio come su una lastra di ghiaccio. Il terreno dell'immanenza è, invece, il terreno delle relazioni linguistiche, delle pratiche umane che si concretizzano nella prassi delle forme di vita: nell'antropologia delle forme di vita.
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