L'ultima era. Comparsa, decorso, effetti di quella patologia sociale ed ecologica chiamata civiltà
"L'ultima era" analizza il presente che stiamo vivendo, il passato antecedente la comparsa dell'agricoltura con lo scopo di guardare a un futuro liberato dalle aspettative catastrofiche in avanzato stato di realizzazione. Lo spettro della crisi agita ormai le preoccupazioni di tutti, ma la domanda più pertinente sembra essere elusa: che cos'è questa crisi che ci tormenta? E' soltanto uno stato passeggero in procinto d'essere superato da una Nuova Economia, una Nuova Politica, una Nuova Ecologia, o è qualcosa di cronico, di radicato fin nel profondo del nostro stesso modo civilizzato di vedere le cose? Mentre si continua a disboscare foreste, a sventrare montagne, a erodere suoli, a contaminare fiumi, a ingrigi re spazi celesti, a schiavizzare persone e animali riducendo tutto quel che esiste a carburante della Megamacchina, il tecno-capitale rigenera se stesso presentandosi in versione "green" per rendere ancora più efficace e silenzioso il suo canto di morte. Stiamo segando il ramo sul quale siamo seduti, diceva Brecht; siamo comodamente sistemati su di un treno high-tech che corre all'impazzata verso il precipizio, attualizza Mascardi. Dall'una come dall'altra metafora emerge una cosa certa: non basterà ridurre il carico di devastazione che ci sta uccidendo; non basterà decrescere né rallentare la marcia ferale che abbiamo imposto alla vita su questo Pianeta. La civiltà non è sanabile: non servirà renderla più "verde", più "equa", più "sostenibile". La civiltà è un cancro che ci sta divorando.