Silvia Camporesi. Circular view. Ediz. illustrata
Pubblicato in occasione dell’esposizione bolognese promossa da Hera S.p.A., il volume racconta l’evoluzione mensile dei lavori di costruzione dell’impianto di biometano a Sant’Agata Bolognese, in provincia di Bologna, cogliendo le peculiarità architettoniche di quegli edifici. Per dodici mesi l’artista ha visitato regolarmente l’impianto, documentando la progressiva evoluzione e i cambiamenti della complessa struttura che, a partire dai rifiuti urbani, ha l’obiettivo di produrre combustibile rinnovabile. Come scrive il curatore Carlo Sala, “le immagini che compongono la serie Circular View (2018-2019) di Silvia Camporesi sono l’intreccio tra una visione prettamente documentaria e la dimensione evocativa che l’artista ha voluto imprimere al luogo. Una parte degli scatti presenta la morfologia architettonica del complesso che, come un organismo, sta mutando per trovare una sua forma definitiva tra elementi industriali spiraliformi e circolari dai tratti sinuosi che nelle fotografie sembrano travalicare la loro natura funzionale per assurgere a pura forma estetica.” Come ci insegna l’opera di Silvia Camporesi, la bellezza affiora dappertutto, figlia dello sguardo che ne va in cerca e, con pazienza, riesce a coglierla nei termini di un controcanto vibrato da forme, strutture, oggetti, materie e materiali. Non si tratta, d’altronde, di una bellezza generica: nel luogo stesso in cui l’economia conquista la sua più compiuta circolarità, gli scatti dell’artista trovano – in coerenza – pieghe, volte e curvature, restituendoci sul corpo vivo delle cose il gesto archetipico di una cura avvolgente, attraverso la quale – ogni giorno – ridiamo valore a qualcosa che altri, forse, chiamerebbero rifiuto e da cui noi, invece, ricaviamo biometano e compost. Nel percorso artistico realizzato dall’autrice, capace di coniugare estro della creazione e umiltà dell’ascolto, si lasciano apprezzare non solo vedute ampie e panoramiche ma anche gli effetti di una presa minuta, calata con garbo negli interstizi di una mansione, fra i dettagli di un piano d’appoggio e gli indicatori di qualche valvola. Ho molto apprezzato questo aspetto perché, anche se i soggetti esplicitamente umani sono pochi, elementi di quel tipo ci riconducono all’umanità che essi, necessariamente, presuppongono e senza la quale nessuna impresa di Hera sarebbe possibile.
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