Una dolce vita? Dal liberty al design italiano
Trionfa la gioia di vivere nelle arti decorative italiane dell'inizio del XX secolo, si tratti dei raffinati mobili intarsiati di madreperla di Eugenio Quarti, dei vasi a murrine policrome di Barovier, dei fantasiosi teatrini di Fortunato Depero, delle sorprendenti sedie rosso fuoco di Marcello Piacentini o delle creazioni dall'elegante ironia di Franco Albini. Questa "spensieratezza" ci sembra oggi in flagrante contraddizione con il contesto storico in cui si dispiega, uno dei più drammatici nella nostra storia recente. Il che porta la nostra coscienza critica a interrogarsi ancora una volta su una questione ampiamente dibattuta e molto controversa: la questione dell'arte, e più specificamente della libertà dell'espressione artistica sotto un regime dittatoriale. Nel Ventennio fascista le arti decorative sono state l'unico ambito in cui è sopravvissuto un autentico e reale libero arbitrio. A partire dal periodo Liberty, esse diventano un laboratorio le cui sperimentazioni non hanno eguali prima del 1900. Le forme del futuro nascono in questo periodo. Pubblicato in occasione dell'esposizione romana proveniente dal Musée d'Orsay di Parigi, il volume presenta i saggi di Guy Cogeval, Irene de Guttry e Maria Paola Maino, Beatrice Avanzi, Marino Barovier, Laura Falconi, Giampiero Bosoni, Guy Cogeval e Beatrice Avanzi. Chiudono il volume la cronologia, le biografie degli artisti, il catalogo delle opere esposte, la bibliografia essenziale e l'indice dei nomi.