Il valore dell'imperfezione. L'approccio wabi sabi al design
Gli artefatti sono intrinsecamente destinati ad accompagnare la vita degli individui. Sono entità vive e mutevoli, che possono cambiare il loro aspetto o perfino la loro funzione. Così come per l'uomo, rughe, cicatrici costituiscono una testimonianza del passaggio del tempo e delle esperienze, analogamente graffi, ingiallimento, imperfezioni, a partire da uno stato di "brillantezza" di fabbrica, sono sintomatici dell'evoluzione e dell'unicità dell'artefatto. Le imperfezioni divengono quindi elementi narrativi, che raccontano il vissuto specifico dell'artefatto, l'uso che ne è stato fatto e le sue peculiarità, riuscendo inoltre a rivelare qualcosa del proprietario. Così l'imperfezione diviene un valore da ricercare, come era avvenuto in Oriente con l'influsso del Wabi sabi, la "bellezza delle cose mutevoli, imperfette e temporanee". Imperfetto diviene sinonimo di reale, naturale, inevitabile, umano. Ridare valore all'imperfezione significa progettare prodotti capaci di invecchiare, di modificarsi, di essere riparati; significa stimolare il legame emotivo tra utente e prodotto, allungarne il ciclo di vita e, soprattutto, significa accettare la presenza di una variabile non controllabile che spesso "cambia il finale del racconto". Il libro indaga il valore attribuibile alle imperfezioni degli oggetti, proponendole come sintomi di un'inequivocabile unicità del prodotto, nonché fautrici del rafforzamento del legame emotivo, nel tempo e nello spazio.
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