Quando la maestra insegnava: «T come trst». Propaganda e scuola anti-italiana nella Trieste jugoslava
Al termine della seconda guerra mondiale, l.applicazione del Memorandum di Londra e dell'annesso Statuto Speciale a tutela reciproca delle minoranze, che ponevano fine all'annosa questione di Trieste, non determinarono nella prassi ju-goslava il rispetto di quei princìpi che pure erano stati sottoscritti nelle carte diplomatiche. I pochi italiani rimasti entro i neoconfini jugoslavi, subirono forme di assimilazione più o meno forzata in molti aspetti della realtà quotidiana: furono, in particolare, le nostre scuole a versare in una condizione culturale degradata, divenendo facili strumenti di propaganda antiitaliana e filo-comunista, cui si aggiunse - con paradossale ingiustizia - una crescente prevaricazione delle istituzioni slovene e croate nella ex zona A, da noi amministrata. Nelle estati del 1959 e 1960 il Ministero degli esteri italiano promosse due missioni d'indagine, affidate all'allora vice console Pasquale Baldocci presso il Consolato generale di Capodistria. Egli fu prezioso testimone oculare che, con lo stile asciutto del dispaccio diplomatico, pur concedendosi talvolta punte di sottile ironia, segnalò al nostro Ministero le molteplici e reiterate infrazioni allo Statuto Speciale. Questi documenti inediti costituiscono una pedina di eccezionale importanza, veritieri a tal punto da rendersi di fatto "scomodi" per il nostro Ministero, che decise di non avvalersene per ragioni di opportunità politica.
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