Metaphora absurda. Linguaggio e realtà in Paul Celan
Metaphora absurda è una lettura del linguaggio poetico di Paul Celan. La poesia, antimetaforica e antiermetica, è Pessach (Pasqua, passaggio) e liberazione verso la patria promessa dei liberi e degli indimenticati. Celan ingaggia la metafora non per chiudere totalmente la relazione all'interno del linguaggio, come fa la poesia pura in direzione del figurato e del traslato, ma per ripercorrere à rebours il cammino verso la realtà. Per funzionare come 'inaudita' metafora, antimetafora. Realtà contro Verità, Celan risponde con la poesia alla filosofia del linguaggio di Heidegger e la riduce, in un virtuale confronto, al silenzio; e si confronta sia con i vivi (Bachmann, Sachs, Susman, Adorno, Lacan), sia con i non più vivi (Wittgenstein, Husserl, Mandelstamm, Landauer), avventurandosi da pioniere in un pericoloso attraversamento: uno Schibboleth tra acque, ghiaie, nevi e lande dell'amato Est, per cercare, da terra straniera, un rimpatrio, anche estemporaneo, come una tenda. Questa tenda può essere solo la poesia, a partire da cui e dentro cui è possibile trovare ancora voci e membra di etica, di religione, di politica. In particolare, il linguaggio poetico fa i conti con una frattura irreparabile rispetto alla realtà: l'esperienza dello sterminio degli ebrei, comunemente interpretata come il tema della poesia di Celan, viene qui affrontata come fatto linguistico da lui percorso per sconfiggere, col linguaggio e in esso, il meccanismo nichilistico innescato dalla storia.