Giovanni Marchesini e la «Rivista di filosofia e scienze affini». La crisi del positivismo italiano

Giovanni Marchesini e la «Rivista di filosofia e scienze affini». La crisi del positivismo italiano

La lettura di una rivista, non limitata ai soli articoli, ma ampliata all'analisi delle rubriche, delle rassegne, degli editoriali e delle notizie, getta uno squarcio di luce non trascurabile su quello che può essere definito un ambiente filosofico. Le polemiche fra pensatori, indirizzi e correnti vi trovano un'espressione immediata, a volte ingenua o colorita, ma spesso utile ad evidenziare problemi e posizioni, più delle lunghe argomentazioni di testi corposi, resi talora meno incisivi dal lavoro di lima della critica e dagli accorgimenti dettati dalle convenienze. Tra l'altro, l'analisi di una rivista pone lo storico in medias res, lo inserisce nel vivo dei dibattiti e delle polemiche, lo pone a contatto diretto con l'agitarsi dei problemi e lo coinvolge nella ricerca delle soluzioni. Gli offre, cioè, un quadro storico più articolato e vicino alla realtà. La "Rivista di Filosofia e Scienze Affini", nei suoi dieci anni di vita, testimonia lo sforzo degli allievi di Roberto Ardigò di sperimentare, anche sulla base di nuovi impulsi provenienti dalle filosofie straniere, accomodamenti teorici e aperture tematiche in grado di risolvere la crisi del positivismo, senza però cessare di dichiararsi umili discepoli del "grande vecchio". Ma essa testimonia anche, talora con accenni larvati e quasi riottosi, talora senza remore e infingimenti, l'acquisizione progressiva della consapevolezza della vanità di questo sforzo.
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