Bioetica quotidiana in psichiatria. Dalle dichiarazioni universali alle storie singolari
Essere ammalati è una condizione speciale di disagio a cui, oggi, vengono riconosciuti ampi diritti: tra tutti il diritto alla cura, affinché il malessere venga estirpato o la sofferenza alleviata. Chiunque soffra di una malattia tende a far valere questo diritto. Ma chi soffre di problemi psichici è nella medesima condizione? Riconosce il suo essere ammalato e sa di avere dei diritti per questo suo stato? E quali diritti hanno i familiari, i congiunti, i coabitanti e la società tutta affinché la malattia da cui è affetta questa persona non ricada in qualche modo sulla loro esistenza? E ancora, quali limiti hanno i curanti, i familiari, la società nei confronti di quei singoli che essi ritengono affetti da tale malattia? La complessa e parziale risposta a queste domande è la cifra che marca la differenza tra una bioetica orientata alla pratica medica in generale ed una bioetica della cura in psichiatria: interrogativi bioetici ancor più specificamente che etici, perché chiunque intervenga come professionista nell'ambito della cura di queste forme di malessere o, anche, chiunque abbia competenza ad intervenire e decida di non intervenire, determina una ricaduta significativa sull'esistenza, la qualità di vita, gli stessi aspetti biofisici della vita del singolo malato e delle persone a lui prossime. Interrogarsi sulle conseguenze delle nostre scelte nel campo della cura delle malattie mentali è lo scopo di questo lavoro.
Al momento non disponibile, ordinabile in 3 settimane circa