L'io che non c'è
"Con la crisi della cultura che ha colpito l'Occidente europeo nel Novecento, ma che continua ancora oggi, è stata una necessità rompere con i vecchi schemi del logos greco nel tentativo di creare una scienza rigorosa. Ma più che la fenomenologia è la fenomenologia radicale quella che mi ha convinto maggiormente, perché la sua validità l'ho sperimentata sul campo. Nel corso di questo libro il lettore troverà non solo una ricostruzione storica della nascita dell'io e della sua evoluzione, ma soprattutto il tentativo di dare all'io il suo senso originario, che è quello di essere una costruzione della cultura occidentale, la quale ha bisogno dei due poli invarianti dell'ego e della cosa, del soggetto e dell'oggetto: il soggetto come unità dei vissuti coscienziali, che vengono interpretati come suoi atti individuali e l'oggetto come unità di tutte le qualità e le determinazioni di un ente qualsivoglia, che vengono intese come sue variazioni individuali" (Dalla Prefazione).
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