Come gocce d'acqua bollente su pietre roventi
Che cosa succede se lasciamo gocciolare dell'acqua calda, anzi bollente, su delle pietre roventi? Le gocce sfrigolano per un istante per poi evaporare più o meno violentemente, lasciando a chi osserva l'impressione e il ricordo di qualcosa, di un incontro fra sostanze e fra stati della materia pronti a mutare, a reagire l'uno al contatto dell'altro. Bene: l'incontro tra le parole e il bianco della pagina, in quest'opera prima di Alessandro Orecchio, sembra produrre il medesimo meccanismo. È questa una silloge - ma forse sarebbe più corretto definirla una collezione di brevi componimenti in forma prosaica, sostenuti da un approccio e da un'intenzione poetica - che racconta un punto di vista sulle cose. Senza proclami, senza leggi universalmente valide per le meccaniche dell'universo e dei rapporti umani, senza insegnamenti. Ma (volutamente) soltanto manifestando su carta lo schizzo del pensiero estemporaneo, dello stato d'animo che muta e si evolve. In quest'opera il ventottenne autore messinese, ormai romano d'adozione, allinea una serie di istantanee della sua vita interiore, sintetiche e dotate di quell'ineffabile "effetto alone" che un certo uso delle parole produce sul mondo: perché in queste pagine le parole dicono e alludono, talora precise, nette ed esplicite; altre volte evocative, rese opache da simbolismi personali e inespugnabili.
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