... E pensare che a malapena scrivevo cartoline
"È notte, è un afoso pomeriggio estivo, oppure è l'inizio del turno mattutino. Clienti abituali o comparse estemporanee incrociano le loro storie con lo sguardo del guidatore, che sicuro percorre gli intrecci familiari dell'amata Bologna. Ascolta, risponde, ma per lo più commenta tra sé e sé, con sferzante ironia, vizi e virtù degli esempi di umanità che quotidianamente l'abitacolo del suo taxi accoglie. Quella del tassista osservatore di vizi e virtù della macedonia umana è una delle tante facce di William Farné, che per la prima volta affida alla pubblicazione i pensieri da lui raccolti su carta negli ultimi anni. È una delle sue facce, ma non la sola: in questo testo in cui, fin dal titolo, "... E pensare che a malapena scrivevo cartoline", ironia e autoironia si dichiarano programmatiche, c'è spazio anche per i toni lirici e l'intimismo, per i giochi di parole e per gli aforismi. Da un lato la forma poetica, in cui l'autore sfoga le confessioni più recondite venendo a patti con le debolezze dell'Io; dall'altro la prosa, che mostra l'emisfero più solare e socializzante della sua personalità." (dalla prefazione)