Pegaso e la morte. Opera allegorica in due atti
Nella lirica del d'Auria possiamo notare lo stabilirsi di un rapporto quasi osmotico tra uomo e natura, per un continuo, insistito, rinviarsi di immagini che muovono dall'uomo al paesaggio alle cose circostanti, e viceversa, in un circuito costante di andata e ritorno. Pensiamo infatti alla perfetta armonia che regola il rapporto tra Pegaso e la natura mentre il cavallo alato è ancora in vita: Corolle nascenti di maggio ad aspettare / sulla prodiga terra le ali spiegate. / Così faceva il vetusto faggio, teneramente / spandendo il ramato braccio sul suo vello, / quando Pegaso s'abbandonava al breve sonno, / libero di elevarsi ancor nel cielo, senza volare". Natura che, alla morte di Pegaso, viene umanizzata, divenendo specchio dei sentimenti e delle emozioni del poeta stesso: "Verdi lacrime lascia cadere sulla terra il pino / e la fauna tutta si rattrista intorno al giaciglio d'erba, / mentre piangendo a mille passi distante, il salice / bacia il vello brumoso d'una terra lontana, / dove il fauno impone la sua musica, / lungi dall'umano male che ferisce il cuore"." (dalla prefazione)
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