Mandorle e arance ovvero rifuggi l'apparenza
Toscana, maggio 2007. Meno. 72. ore. Aurora Psiche Aldebaran è una tredicenne dal nome assurdo ed una famiglia tanto allargata quanto strampalata. Figlia d'una pittrice geniale e mai cresciuta - se non come monumento all'involontaria ironia -, dal debole per l'arte circense, ed un cardiochirurgo che, "solo Zeus sa perché", s'accontenta di un impiego-ripiego da infermiere, ha ereditato dalla prima l'esilarante capacità di cogliere il grottesco d'ogni situazione, nonché una pungente ironia, mentre dalla madre del secondo un'ingenua, pacata forma di poesia. Tuttavia, la persona a cui ha sempre avvertito d'esser legata dal filo rosso d'una sconvolgente affinità emotiva è lui, il giovanissimo zio, che nell'assolata mattina d'un aprile decise in uno sfarfallar di ciglia di "spiccar il volo". Capitombolata nel variegato, caleidoscopico universo del liceo, Aurora si ritrova costretta a far i conti con la lancinante nostalgia per quest'ultimo, nonché con l'immersione in un coacervo di ricordi, viaggi, misteri.
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