Mantice
Una silloge in cui le parole si rincorrono in un flusso continuo, senza ostacoli di sorta, quasi senza punteggiatura o altri simboli a frenare il bisogno, la voglia di dire. Si tratta di una scrittura che nasce dal desiderio di sopravvivere a se stessi, di lasciare un segno, una traccia di sé indelebile e destinata a contrastare il lento lavorio del tempo. Talvolta si ha l'impressione che l'autore si abbandoni a una sorta di trance, di introspezione profonda, stati che lo inducono poi a preferire un linguaggio scevro da qualsiasi formalismo, teso a restituire appunto l'essenza di questo genere di viaggi che prescindono dai confini fisici. In queste pagine si legge spesso la parola "cosmo", si legge spesso di una tensione verso "il tutto", e verso la vita (intesa come piena partecipazione al proprio tempo) che qui viene celebrata, osannata, venerata. C'è l'amore in questa raccolta, per la propria donna, per i figli, e non in ultimo, per la natura, che è per l'autore uno "specchio" in cui cercare i propri contorni e le proprie radici.
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