Felici senza Dio. Perché senza religioni si vive meglio
Felici senza Dio. Perché senza religioni si vive meglio: Un pamphlet avvincente, che affida all'anticlericalismo contemporaneo non tanto il compito di "dare addosso" alla religione, quanto piuttosto di difendere a spada tratta la laicità dello Stato e delle istituzioni | «Niente valori senza Dio!». Quando lessi questa frase su un cartellone pubblicitario in metropolitana, inizialmente, la trovai meno tremenda di altre: se non altro non minacciava il fuoco dell'inferno! Mentre aspettavo l'arrivo del treno, però, continuavo a riflettere su quelle parole che esprimevano, ancora una volta, l'atteggiamento di superbia tipico dei devoti: quello slogan, infatti, presupponeva la mancanza di valori in persone che, come me, non credono in Dio. Da molti intellettuali tedeschi è stato definito un «manuale necessario» per liberarsi dalle follie a cui l'individuo si abbandona nel nome di una fede: oscurantismo, superstizione, intolleranza, violenza, senso di colpa, paura della sessualità, anti-secolarismo. Nell'affrontare tematiche complesse e spinose - l'attendibilità della Bibbia, il mito del "peccato originale", le incongruenze dei Vangeli, la fede come aspirina, il dualismo anima/corpo, l'ora di religione a scuola, l'eutanasia, l'ambiguità del rapporto fra religione e potere - il filosofo Philipp Möller sceglie il taglio semplice della divulgazione, raccontando esperienze dirette e riportando le opinioni di esperti e personaggi chiamati in causa sotto forma di dialogo. La critica arguta alle Chiese e alle religioni, fondata su statistiche e dati verificati, non è mai un attacco astioso, ma una presa d'atto di elementi e fenomeni incontestabili.
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