Le lezioni proibite

Le lezioni proibite

Quando fa ritorno nell'Afghanistan dei talebani, dopo il ritiro dei sovietici, Suraya non riesce a credere ai propri occhi. Lei che a Kabul è nata e si è laureata, non può non sconvolgersi di fronte a quella distruzione, quella povertà, quell'arretratezza. In uno dei famigerati "campi delle vedove", dove migliaia di donne si aggirano lacere e affamate, sfruttate come schiave del sesso, le si fa incontro un fantasma coperto dal burka. Il fantasma, di cui scorge solo una mano devastata, la riconosce. E una sua coetanea, poco più che quarantenne, laureata allo stesso college, probabilmente di buona famiglia. Vergognandosi di se stessa, così come si è avvicinata la donna se ne va, senza lasciare tracce. Quell'incontro diventa per Suraya l'immagine simbolo di un regime che ha d'un tratto cancellato i diritti di metà della popolazione. Le donne non possono più lavorare, studiare, curarsi. Quelle che rimangono senza un marito sono condannate alla miseria. Per Suraya l'unico modo per spezzare questo circolo vizioso è tentare di dare un'istruzione alle ragazze. Così decide di aprire una scuola segreta, nelle stanze di una vecchia pensione. Tutte rischiano: lei, le insegnanti, le ragazze. Della scuola non si parla mai, né al telefono né per lettera, nessuno deve sapere. Eppure, negli anni, sono centinaia le allieve passate fra quelle mura.
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