Una montagna di briciole
Per ingannare la fame dei suoi figli, nel periodo della Grande Carestia, la nonna di Elena ha inventato un gioco: se i bambini si lamentano perché da mangiare c'è solo una zolletta di zucchero e una fettina di pane, la nonna li sbriciola nel piatto, trasformandoli in "una montagna di pane e di zucchero". Quel gioco diventa l'emblema della sua infanzia e della sua giovinezza, nella Russia degli anni '60 e '70. Elena cresce in una famiglia come tante. Un padre membro del Partito. Una madre che "è nata insieme all'Unione Sovietica", ha visto due guerre e insegna Anatomia all'Università di Leningrado. Una donna concreta, ruvida, ossessionata dall'ordine e protettiva in modo asfissiante, proprio come il suo paese. A dieci anni, Lena sente per la prima volta parlare in inglese e si innamora di quella lingua. Decide di cominciare a studiarla prendendo lezioni che ufficialmente sono proibite - nella speranza che le apra le porte verso un futuro migliore. Fino a quando, ottenendo un visto matrimoniale, non riuscirà a uscire dal paese e a trasferirsi in America, facendo precipitare sua madre nella più profonda disperazione.
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