Talento e potere. Storia delle relazioni fra Galileo e la Chiesa cattolica
Era il 1611 quando Galileo Galilei, a quel tempo matematico e filosofo presso il granducato di Toscana, partì da Firenze con destinazione Roma. Dopo il 1611, circostanze più gravi avrebbero richiamato Galileo a Roma. Quando a salire al soglio pontificio fu Maffeo Barberini, le condizioni sembrarono diventare più propizie per una ripresa dei suoi studi. L'elezione di un papa "amico" lo indusse a portare a termine il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo". Eppure, il fanatismo religioso e il mutamento degli equilibri internazionali fecero precipitare gli eventi fino al processo del 1633, dove a essere sotto accusa era il solo Galileo. Rinchiuso nelle stanze del Sant'Uffizio, sottoposto a interrogatorio e minacciato di tortura, allo scienziato pisano non rimase che sottoscrivere un'umiliante abiura. In questo libro, frutto di venticinque anni di studio, Antonio Beltràn Marì affronta le più scottanti questioni storiografiche sorte in seno a una secolare tradizione di ricerca, e, smascherandone punto su punto i tentativi più o meno coscienti di celare le relative responsabilità storiche e scientifiche, introduce una nuova, coraggiosa tesi: il pontefice Urbano VIII ottenne la confessione di Galileo mediante la trappola di un patto extragiudiziale segreto, pianificando in anticipo un inganno per ottenere i propri scopi.
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