Capo Guardafui. Un secolo di naufragi e di pirateria nelle acque del Corno d'Africa
Letto questo libro, si può anche sorridere del Triangolo delle Bermude! Quel tratto di oceano Atlantico, compreso tra la Florida, Puerto Rico e le Bermude, è un tranquillo stagno a confronto con le acque dell'oceano Indiano che bagnano le coste del Corno d'Africa, ovvero la Migiurtinia, la regione più orientale del Continente Nero, di cui capo Hafun e capo Guardafui sono le punte estreme. Tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima del Novecento non vi erano al mondo acque più pericolose, come dimostra l'elevato numero di incagliamenti e di naufragi, favoriti da nebbie, tempeste, correnti e barriere coralline. Ma i pericoli venivano anche da terra: dai pirati, che, come branchi di pesci piranha, spolpavano i relitti delle navi incagliate o spiaggiate e sottraevano ai naufraghi quel poco che essi erano riusciti a salvare, lasciandoli senz'acqua, senza cibo, senza la possibilità di chiedere soccorso. Molte di queste tragedie si sarebbero evitate se solo fosse stato costruito un faro sul promontorio di capo Guardafui. L'argomento alimentò molte polemiche in Europa, finché nel 1925 l'Italia, sottomessa la Migiurtinia, costruì a capo Guardafui l'atteso faro, che intitolò a Francesco Crispi. Cinque anni più tardi, il faro venne ricostruito: più alto, più potente, a forma di fascio littorio. Oggi è ancora là, spento e dimenticato.
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