Eredità ed estinzione
I l libro raccoglie gli ultimi dieci anni della produzione poetica di Giovanna Frene e segna l’inizio di una nuova riflessione sul rapporto tra poesia e storia, nel quale il mantenere l’equilibrio tra ciò che viene trasmesso e ricevuto come tradizione e ciò che si disfa nella perenne entropia della realtà è diventato il perno per la sopravvivenza stessa della cultura. Non a caso l’emergenza che questo libro cerca delineare è quella, morale e insieme naturale, della memoria, proprio perché la natura dell’uomo è storica: solo focalizzandosi e rivitalizzando quelli che chiamiamo «fatti» della storia – ammesso che dei fatti rimangano tracce, segnali, voci reali, oppure solo suggestioni fuggevoli che innescano però l’immaginazione –, è possibile risolvere il cortocircuito di un mondo contemporaneo dove la storia ha raggiunto velocità inimmaginabili, tanto da essere sfuggente, e la lentezza di un passato che nella sua vastità è il terreno stesso di un possibile senso del presente. Nel tragitto frammentario della ricostruzione storica (ricostruzione che solo la poesia rende veritiera nella sua essenza), anche il bene risulta opaco, come dimostrano le poesie iconiche sul bombardamento di Dresda o quelle sul recente processo a Milosevic all’Aja. La struttura circolare del libro, avallata dal frequente ricorso al leit-motiv tematico e lessicale, ma anche dal ritorno dei luoghi, fa coincidere, infine, la cavalcata di un invisibile cavaliere dell’Apocalisse con l’emergere della vicenda soggettiva del poeta, gettando dunque le basi per un nuovo tipo di dimensione lirica.