Net-war. Ucraina: come il giornalismo sta cambiando la guerra
Per la prima volta, le armi con cui viene condotta la guerra coincidono con le infrastrutture digitali dell’informazione: siti web, smartphone, droni, sistemi di geolocalizzazione, piattaforme social hanno costituito il principale arsenale del confronto fra invasori e inva¬si, permettendo ai secondi di localizzare e colpire con estrema precisione le forze nemiche, anche grazie al supporto diretto della popolazione che rimaneva con¬nessa, persino sotto i bombardamenti. Le azioni mili¬tari vengono strategicamente studiate e messe in atto proprio pensando al loro effetto comunicativo, perché il modo in cui verranno raccontate determinerà la per¬cezione del conflitto e, in ultima analisi, il suo esito. Se non è una novità che la comunicazione della guerra sia un terreno cruciale e delicato, oggi essa è diventata l’oggetto del contendere. Tutto questo porta a un cambiamento epocale nel giornalismo, dove a mutare radicalmente è il rapporto tra la redazione e le fonti: le notizie sono alluvionali te¬stimonianze civili, che affiorano in abbondanza dalla rete e devono essere validate e contestualizzate più che rintracciate. In questo gorgo il giornalista si misura in¬nanzitutto con la sua autonomia da saperi e competen¬ze tecnologiche che tendono a soverchiarlo, trasfor¬mandolo in un funzionario del sistema di calcolo che si afferma mediante «interferenza nelle psicologie altrui». La Net-war è dunque «mediamorfosi» che trasforma guerra e giornalismo in una contesa matematica.