La palude delle streghe

La palude delle streghe

Amburgo, oggi. Ochsenwerder, quartiere periferico a sud della città, somiglia al paradiso nell’estate in cui Britta Stoever lo visita per la prima volta: le erbe aromatiche spandono i loro profumi e i fiori occhieggiano dalle serre. Ma quando vi si trasferisce con la famiglia, mesi dopo, il paradiso sembra aver perso tutto il suo fascino: i campi vuoti e bui, le canne del fiume rinsecchite. La solitudine in cui Britta si ritrova, la solitudine dell’argine e della nebbia, dell’Elba e delle gru dagli occhi gialli, la stringe in una morsa e fa eco a quella che sente nascere dentro di sé. Eppure, da ex geografa, Britta è abituata al silenzio del paesaggio in cui si celano le storie, e quando in una delle sue camminate si imbatte in un cartello che porta il nome di una donna, la sua curiosità si ridesta. Quella che incontra, tuttavia, è una storia di invidie, di pregiudizi, di persecuzione. E di fuoco. Amburgo, 1570. La terra lambita dall’Elba è una palude che solo il costante intervento dell’uomo riesce a contenere. Abelke Bleken, unica figlia di un ricco fattore, gestisce i suoi possedimenti con saggezza. È bella, dicono alcuni. È arrogante, dicono altri: tutta quella terra è troppa per lei sola. E il giorno in cui, grazie all’attento ascolto della natura, Abelke prevede l’arrivo di una tremenda inondazione – che causerà danni incommensurabili – la voce che nel villaggio si diffonde su di lei è soltanto una: strega. Basta poco perché l’invidia e il desiderio rendano le accuse concrete, condannandola al processo, alla tortura, al rogo.
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