La bastarda
L’autoritratto sincero e straziante di una grande autrice, una donna che cerca di sopravvivere all’orrore e al senso di colpa che la perseguita dalla nascita. «Violette Leduc non vuole piacere, non piace e addirittura terrorizza». - Simone de Beauvoir «Violette Leduc era figlia di una cameriera e di un uomo che non l'ha mai riconosciuta, un'illegittima, una “bastarda” dal titolo del suo libro più famoso. Diventata amica di Maurice Sachs e poi di Simone de Beauvoir scoprì di avere un grande talento che riversò in una scrittura diretta, dolorosa, in cui il desiderio femminile veniva raccontato senza pudori borghesi». - La Repubblica «Così leggo La bastarda di Leduc. L’ha già scritto lei, il libro perfetto». - Kate Millett Violette Leduc, figlia illegittima di una cameriera e di un borghese, nata il 7 aprile 1907 ad Arras, nel nord della Francia, e perseguitata dal dolore di essere il frutto di un amplesso colpevole, inizia la sua opera con queste parole: «Il mio caso non è unico: ho paura di morire e mi lacera stare al mondo». È così che la scrittrice si mostra in tutte le cinquecento pagine de La bastarda: colpevole fino allo sfinimento. L’infanzia è per lei un «duro paradiso» vissuto accanto a una madre autoritaria e ferita, che lei ama appassionatamente senza riuscire a placarne il rancore, e alla nonna Fidéline, tenera e consolatrice, che però muore quando lei è ancora bambina. A quattordici anni, la madre si risposa e la spedisce in collegio. La collegiale ribelle, insofferente alle regole, che si tormenta per la sua bruttezza – un viso ingrato su un corpo snello di ragazzina – comincia a costruirsi un personaggio di «mostro» che esibirà sventolandolo come una sfida. La prefazione di Simone de Beauvoir a La bastarda ha lanciato questa autobiografia e la sua autrice, che è passata dall’oscurità totale alla grande fama in una notte. I suoi libri precedenti erano stati certamente notati da critici raffinati e lettori attenti come Albert Camus, Jean Genet, Marcel Jouhandeau, Jean Cocteau e Nathalie Sarraute, ma con questo capolavoro conquistò un pubblico molto più vasto. COME COMINCIAIl mio non è un caso isolato: ho paura di morire e sono stanca di stare al mondo. Non ho lavorato, non ho studiato. Ho pianto, ho gridato. Lacrime e grida m’hanno portato via molto tempo. Come mi tortura tutto quel tempo perduto, se ci ripenso. Ma come si fa a pensarci su a lungo? Su una foglia appassita d’insalata dove non restano che rimpianti da rimasticare, posso al massimo trovar ragioni di compiacimento. Il passato non nutre. Me ne andrò come sono arrivata. Intatta, carica dei difetti che mi hanno tormentata. Avrei voluto nascer statua, e sono solo una lumaca nel guscio. Virtù, coraggio, qualità positive, capacità di meditazione, cultura. Contro tutte queste parole sono andata a sbattere a braccia conserte – e mi ci sono spezzata.