Gli dei incatenati

Gli dei incatenati

Un acuto saggio capace di gettare una luce insospettata sul mondo antico e sulle sue sopravvivenze nella modernità.«Uno charivari... vuole "l'annientamento della reputazione che comporta l'esclusione dell'interessato dal contesto sociale e civile", dunque in certo modo niente meno che la messa al bando. Charivari è uno dei molti nomi, diversi a seconda dei paesi e dei contesti, che designano un atto arcaico e assai diffuso di giustizia popolare, il cui svolgimento si attiene ovunque a forme simili e ricorrenti.»Nella grande tradizione novecentesca degli studi sulla religione, Karl Meuli è certamente la figura più intrigante fra quante ci restano ancora da scoprire. Insieme filologo, etnografo e storico delle religioni, erede di Bachofen, di cui ha curato esemplarmente l'edizione delle opere, Meuli porta nelle sue ricerche la stessa originalità e la stessa profondità dell'autore del Matriarcato; ma in lui la vivacità dell'etnografo e l'intransigenza del filologo, sapientemente coniugate, intervengono ogni volta a illuminare e vivificare il chiaro-oscuro e la fascinazione mortuaria del maestro. E se per Bachofen il cardine stava nel simbolo, per Meuli invece essenziale nella fenomenologia della religione è tutto ciò che libera, non solo gli uomini, ma gli stessi dèi dai vincoli del destino e del mito. In questa chiave si possono leggere raccolti in questo libro i geniali studi sull'origine del carnevale e sullo charivari, fenomeni in cui l'ordine sociale è sovvertito da cima a fondo con una ferocia liberatoria di cui abbiamo perduto memoria e quelli, non meno innovativi, sulle maschere romane, sull'origine dei Giochi Olimpici e sugli dei incatenati, che gettano una luce insospettata sul mondo antico e sulle sue sopravvivenze nella modernità. Alla solidità del metodo e della documentazione fa ogni volta riscontro in Meuli una freschezza di scrittura come si trova di rado nella tradizione accademica.COME COMINCIANel secondo libro delle Georgiche, il poema dedicato all'insegnamento e all'elogio dell'agricoltura, Virgilio si sofferma sulla coltivazione degli alberi, e in particolare della vite. Dopo aver parlato delle specificità e della vocazione della terra, delle zone favorevoli e della corretta disposizione dei tralci, dopo aver sottolineato le necessarie e molteplici cure da adottare per i germogli in crescita, il poeta esamina i pericoli dai quali bisogna salvaguardare la vite. Più che dal gelo e dal solleone, essa è minacciata dagli animali da pascolo, soprattutto dall'ingorda capra.
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