Il senso di non credere. Una storia emotiva del dubbio
Intrecciando cronache e atti processuali, diari privati e giornali, raccogliendo tracce nella letteratura e nell’arte, Ryrie costruisce un’illuminante controstoria dell’ateismo che, pur non negando la chiave filosofico-razionale, dà finalmente spazio alla spinta tutta emotiva, sensoriale, che nei millenni ha portato moltissime persone a scoprire dentro di loro Il senso di non credere«Alec Ryrie prova a dare una ragione di una storia del non credere, che non è una semplice ricognizione dell'ateismo, ma una riflessione sul confine labile tra fede e negazione, tra lamento e bestemmia, tra obbedienza e dubbio» - Demetrio Paolin, la Lettura Oltre cento anni fa, Friedrich Nietzsche proclamava «Dio è morto!», specificando subito dopo «E noi l’abbiamo ucciso!». Così di solito si conclude la canonica parabola della secolarizzazione occidentale, che dalla religiosità diffusa del mondo antico passa all’ascesa irresistibile delle grandi confessioni monoteistiche, corrose poi dall’azione laicizzante della scienza e soprattutto dalle rivoluzionarie idee illuministiche, che per prime riuscirono a immaginare la coerenza di un mondo tutto immanente. Ad aver ucciso Dio, insomma, sarebbero sostanzialmente i filosofi e i pensatori moderni, e la società intorno non avrebbe fatto altro che prenderne atto. Eppure questa narrazione, sostiene Alec Ryrie, pastore anglicano e storico del cristianesimo, ha due vistose falle. Prima di tutto cade nel solito tranello di immaginare un mondo guidato dall’avanguardia intellettuale, quando casomai nella storia è sempre successo il contrario: i più avanzati pensatori sono stati quelli che sapevano intercettare e interpretare ciò che di fatto stava già accadendo. E, in seconda battuta, ignora una semplice verità, attestata da documenti di ogni tempo: c’è sempre stata una parte della popolazione occidentale che, quale che fosse la confessione vigente, si rifiutava di vivere come se Dio esistesse. Non si trattava magari di “atei” nel senso moderno, razionalmente convinti dell’inesistenza di Dio, ma piuttosto di “miscredenti”, persone che empiricamente non credevano. Questo non solo perché la sistematizzazione teorica dell’ateismo era di là da venire, ma soprattutto perché molti di questi miscredenti erano di estrazione popolare: le carte dei processi della Santa Inquisizione sono pieni di casi come quello di Durand de Rouffiac de Olmeira, semplice mercante francese che nel 1273 venne processato perché aveva osato dire a un amico «Credi che ci sia altra anima nel corpo a parte il sangue?».