All'ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all'Ottocento
Questa mostra, come altre che sempre più di frequente e con successo si organizzano in Italia e all'estero, è il risultato di un felice combinarsi di idee ed emozioni, di progetti e realizzazioni, di speranze e illusioni. Solo che, diversamente da quanto per iniziative affini è dato di cogliere altrove e forse anche più di altre mostre 'di successo' presentate a Napoli in questi ultimi dieci anni, questa sulle vedute della città all'ombra del Vesuvio è soprattutto il risultato o, se si vuole, la conseguenza di un lungo, difficile, tormentato, ma sempre inebriante rapporto d'amore. [...] Un legame che addirittura si fa anche più stringente, emozionante e ricco di lusinghe, quando, materiali alla mano, si possono porre a confronto grandezze e splendori del passato con situazioni e tendenze della condizione presente; quando, a fronte dei 'ritratti' della città quali ci furono trasmessi dai pittori di veduta tra Settecento e Ottocento, si pone la presente immagine di sfascio, di degrado, di violenze e di usurpazioni subite in questi ultimi cinquant'anni dalla realtà napoletana; o quando, percorrendo tra mille ostacoli le strade in abbandono del centro storico o le tappe del breve itinerario fino alle falde del Vesuvio o attraverso i luoghi mitici dell'area flegrea, difficilmente si riconoscono, tra cemento e degrado, le tante 'meraviglie' d'arte e di natura che affascinavano ancora agli inizi di questo secolo turisti e colti viaggiatori stranieri. [...] Perché comunque ciò che di sano e recuperabile ancora si conserva in questa città sinceramente amata - ed è sempre tanto e di affascinante bellezza - possa essere al più presto salvato da minacce incombenti; perché le sue chiese, i suoi favolosi castelli, i palazzi monumentali, le sue antiche 'rovine' greche e romane o i sontuosi musei zeppi di celebri capolavori possano essere restituiti alle condizioni pressocché originarie e a nuove funzioni civili e culturali; perché ciò che resta di incontaminato o di non ancora del tutto oltraggiato dei suoi splendidi dintorni, tra Capo Miseno e Posillipo, leranto e Positano, Amalfi e Salerno e ancora oltre, con Ischia, Procida e Capri a far da suggestivo fondale, possa essere sottratto a nuove violenze e manomissioni e consegnato all'immaginario futuro. Queste le ragioni più vere e profonde di questa mostra sulla veduta napoletana dal Quattro all'Ottocento. Questo il valore che qui le si vuole attribuire come segno d'amore per una città comunque favolosa, ma su cui certo non è solo l'ombra del Vesuvio a gravare. Al di là dei suoi meriti scientifici, che potranno essere molti o pochi e comunque sono discutibili e verificabili, al di là del fascino immediato e delle facili suggestioni che le splendide immagini dipinte da Didier Barra o da Gaspar van Wittel, da Vernet o da Giovan Battista Lusieri, da Thomas Jones o da Turner, potranno esercitare sull'immaginario individuale e collettivo di quanti vorranno coraggiosamente arrampicarsi fin su a Castel Sant'Elmo. E sono ragioni che spiegano anche perché questa mostra sia il risultato di un'intesa con il FAI-Fondo Italiano per l'Ambiente, da tempo impegnato anche in Campania nel recupero e nella salvaguardia di monumenti e angoli ancora incontaminati del paesaggio italiano, e con l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, da sempre rivolto al difficile intento, di sicuro impegno civile e culturale, di tener saldi i legami della città con la sua passata e luminosa vocazione europea e cosmopolita. [...] (Dalla presentazione di Nicola Spinosa)
Al momento non disponibile, ordinabile in 3 settimane circa