Un'idea di destino
Diari di una vita straordinaria. Il «laboratorio» in cui germogliavano le idee e le storie di Terzani «Cosa fa della vita che abbiamo un'avventura felice?» si chiede Tiziano Terzani in queste pagine che raccontano con la consueta forza l'esistenza di un uomo che non ha mai smesso di dialogare con il mondo e con la coscienza di ciascuno di noi. In un continuo e appassionato procedere dalla Storia alla storia personale, viene alla luce in questi diari il Terzani uomo, il padre, il marito: una persona curiosa e straordinariamente vitale, incline più alle domande che alle facili risposte. Scopriamo così che l'espulsione dalla Cina per «crimini controrivoluzionari», l'esperienza deludente della società giapponese, il passaggio professionale da la Repubblica al Corriere della Sera, i viaggi in Thailandia, URSS, Indocina, Asia centrale, India, Pakistan non furono soltanto all'origine delle grandi opere che tutti ricordiamo. Furono anche anni fatti di dubbi, di nostalgie, di una perseverante ricerca della gioia, anni in cui dovette talvolta domare «la belva oscura» della depressione. E proprio attraverso questo continuo interrogarsi Terzani maturava una nuova consapevolezza di sé, affidata a pagine più intime, meditazioni, lettere alla moglie e ai figli, appunti, tutti accuratamente raccolti e ordinati dall'autore stesso, fino al suo ultimo commovente scritto: il discorso letto in occasione del matrimonio della figlia Saskia, intriso di nostalgia per la bambina che non c'è più e di amore per la vita, quella vita che inesorabilmente cambia e ci trasforma. «Lo scrivere è una dote, come il pitturare o il danzare. Detto questo sono d'accordo nel dire che il vero scrivere alla fine è il risultato della tua vita. Anche se è lo scrivere di un eremita, comunque riporta il risultato della sua vita. Per me scrivere è una pena terribile. Anche se io amo scrivere, ma quasi in una forma sadomasochista. È una sofferenza terribile, perché sento che c'è uno scrivere che io non raggiungo, soprattutto un ritmo, che per me conta da morire.»