Un bambino piange ancora

Un bambino piange ancora

Nata ("insieme con la guerra") e cresciuta nella Germania hitleriana, Ursula Rütter Barzaghi ha trascorso i primissimi anni di vita relativamente al sicuro, tra le mura della caserma di Lubln, in Lorena, protetta dagli eventi esterni ma non dalla cintura del padre, ex poliziotto violento e dedito al bere, rapidamente inseritosi nelle file dei nazisti. Il precipitare della situazione, e la fine del conflitto, l'hanno gettata poi, insieme alla madre, alle sorelle e al fratello e a milioni di altri tedeschi, nella realtà di un Paese devastato, ridotto alla miseria e che si svegliava dall'incubo peggiore della sua storia. Il padre, nel frattempo, era scomparso 'al fronte russo...', lasciando un ricordo così doloroso e ingombrante da cancellare persino l'immagine della sua uniforme, quella delle SS. Con grande onestà, e con grande coraggio, Ursula Rütter Barzaghi ha scavato nella memoria e ha ricostruito la sua storia di bambina e di ragazza, cresciuta come tanti altri suoi coetanei ascoltando storie dell'orrore sui bambini cristiani rapiti dagli ebrei, o sui russi in agguato nei boschi in mezzo ai lupi; ignorando a scuola la tragedia appena conclusa e andando poi a giocare in mezzo alle macerie prodotte dai bombardamenti alleati; dedicando molto tempo alla ricerca del cibo e cominciando infine a lavorare. E ponendosi intanto domande sempre più dolorose e pressanti, sollecitate dai ricordi ma destinate a restare a lungo senza risposta, poiché coloro che potevano dire, raccontare, cercare di spiegare - gli adulti - erano barricati dietro un muro invalicabile, chiusi "sotto una cappa di silenzi stesa sulle loro colpe": un abisso tra padri e figli che ha segnato per sempre un'intera generazione.
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