Un eroe da dimenticare. Attorno al mistero di Antonio Canepa

Un eroe da dimenticare. Attorno al mistero di Antonio Canepa

Antonio Canepa, figura controversa della prima metà del Novecento italiano, incarnò molteplici contraddizioni: cospiratore antifascista e teorico del fascismo, cattedratico fedele al regime e partigiano, sabotatore nei servizi inglesi e fondatore dell’esercito indipendentista siciliano. Morì a 37 anni in uno scontro a fuoco con i carabinieri, lasciando dietro di sé un’aura di ambiguità. In un groviglio di mistificazioni, pseudonimi e doppi giochi, il taciturno e carismatico Canepa si muoveva tra opposti come il bene e il male, la luce e l’ombra. Anarchico dalle maniere borghesi, venne definito, in un articolo degli anni Settanta su «L’Ora» di Palermo, il “Che Guevara della Sicilia” per la capacità di ispirare i giovani alla libertà. La sua morte, avvenuta il 17 giugno 1945 alle porte di Randazzo, resta un enigma dell’Italia del dopoguerra, sospesa tra fascismo e repubblica. Leonardo Sciascia, attratto dalla vicenda del “professore guerrigliero”, raccolse notizie e testimonianze dal 1964, ma rinunciò al progetto biografico giudicandolo un personaggio “carico di ambizioni e mitomanie”. Questo “schizzo” letterario riflette sia il volto di Canepa che i limiti di ogni tentativo di raccontarlo.
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