Immagini della storia in Calabria (XVI-XVIII secolo)
Le fonti visive sono uno straordinario archivio memoriale, soprattutto riguardo ai secoli in cui informazioni e saperi erano affidati all’oralità e alle immagini. Nei contesti periferici, come dimostrano i casi-studio calabresi qui esaminati, non sono rari i documenti iconografici – spesso di anonimi esecutori (Mattia Preti qui è un’eccezione) e committenti – ignorati, sottovalutati e incompresi nei messaggi/racconti di vita comunitaria da essi custoditi. La loro forza evocativa, recuperata dallo storico con l’ermeneutica critico-filologica, l’interrogazione intensiva, l’attenzione ai dettagli testuali/paratestuali, la decostruzione dell’ impianto compositivo, l’assunzione del punto di vista di committenti e fruitori e del loro vissuto, permette di rilevarne i non detti, le deformazioni/ rimozioni sopravvenute per il naturale affievolirsi e modificarsi della memoria sociale o per la volontaria cancellazione di essa. Gli esiti possono essere sorprendenti per la storia dei luoghi determinandone ripensamenti o riscritture, ma anche proficui per riflessioni sul passato e la comprensione del presente.
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