Il processo
Discutevano di un “Processo” Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini, nell’ultimo tempo che precedette l’assassinio del poeta: un processo all’intera classe politica italiana. E se Pasolini ne aveva puntigliosamente formulato i capi d’imputazione, Sciascia, in "Todo modo", ne aveva di fatto esteso la terribile sentenza. Di quel processo, di lì a poco, il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro avrebbero rappresentato una tragica allegoria. Ma ben diversamente sarebbe accaduto quindici anni dopo: che davvero, allora, l’intera classe politica italiana sarebbe stata pubblicamente “processata” e l’assise dibattimentale chiamata a giudicare delle accuse rivolte a uno sconosciuto consulente finanziario di nome Sergio Cusani sarebbe assurta a palcoscenico carnevalesco del linciaggio rituale di tutto il sistema dei partiti. Terrificante è il processo quando fedi, credenze, superstizioni, ragion di Stato o ragion di fazione lo dominano o vi si insinuano, aveva detto Sciascia. Memore di quell’ammonimento, questo librino attinge da verità letterarie e verità processuali per interrogarsi sul senso e sullo scopo di quel “Processo”: nel tentativo di cavarne una qualche verità che, oltre la cronaca, possa valere a futura memoria.