Liberalizzazioni un'incompresa necessità. Tredicesimo rapporto
Tra gli effetti deleteri prodotti dalla crisi economica vi è sicuramente la riscoperta, particolarmente percepita dalla pubblica opinione, del positivo ruolo dello Stato nella sfera economica, è un aspetto inquietante a dimostrazione della crisi, prima di tutto culturale, che il liberalismo sconta nel Paese. L'appartenenza delle imprese alla proprietà pubblica serve l'interesse generale meglio della proprietà privata. E questa una convinzione fideistica, storicamente non dimostrabile, né suffragata da positivi risultati, allo stesso modo della convinzione che individua in una corposa attività legislativa il rimedio per ogni patologica situazione o devianti comportamenti. E la presunzione fatale del positivismo. Altrettanto chiara è la valutazione complessiva sul processo di liberalizzazione che ha interessato marginalmente il Paese. Tutto accettabile e condivisibile? Certamente no. Un esempio, il cosiddetto mercato libero dell'energia: passare da un gestore all'altro, in una città come Roma, significa entrare in un girone infernale tale da far rimpiangere il vecchio regime di monopolio. Il palleggiamento, in-teressato, tra i due gestori, dovrebbe essere oggetto d'intervento della magistratura e, certamente, non additabile come un riuscito esempio di liberalizzazione.
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