I Gattopardi. I Ruffo in Calabria e i Doria Pamphilj in Basilicata in età moderna

I Gattopardi. I Ruffo in Calabria e i Doria Pamphilj in Basilicata in età moderna

"Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi": questa la celebre frase del romanzo "Il Gattopardo", pronunciata da Tancredi Falconieri, nipote del Gattopardo per eccellenza, il principe Fabrizio Salina, ed interpretata nel comune sentire come principio di trasformismo senza alcun sostanziale cambiamento, di spregiudicata adesione dei potenti ai nuovi corsi politici utilizzando ogni mezzo per rimanere al potere. In un'affascinante indagine storica si può verificare quanto siano attendibili le affermazioni letterarie sopra illustrate e fino a che punto le chiavi di lettura del periodo offerte dal romanzo siano applicabili a due grandi famiglie nobili fortemente radicate nel territorio calabrese (oltre che siciliano), i Ruffo, e, nel territorio lucano, i Doria Pamphilj. Esse sono unite da un rifiuto a partecipare attivamente all'attività politica del nuovo Stato unitario italiano, analogamente al protagonista del romanzo, congiunti altresì dagli esiti tumultuosi e funestati da diversi accadimenti disastrosi relativamente al loro patrimonio, come i terremoti, l'eversione della feudalità e delle successive riforme agrarie, fino all'esito finale, di sostanziale perdita di terre e beni.
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