Agguato a Giacomo Mancini. Storia di un processo per 'ndrangheta senzaprove
Dopo essere stato rinviato a giudizio, tra Natale e Capodanno del 1994, e per questo sospeso dalla carica di Sindaco di Cosenza, alla quale era stato eletto nel dicembre 1993, il 25 marzo 1996, l'On. Giacomo Mancini, uno dei politici italiani più prestigiosi del dopoguerra, segretario nazionale del Psi, parlamentare di lungo corso, più volte Ministro negli anni del centrosinistra, veniva condannato dal Tribunale di Palmi a tre anni e sei mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. A poco più di un anno dal giudizio di primo grado, la Corte d'Appello di Reggio Calabria annullava la sentenza di Palmi per incompetenza territoriale, rimandando tutti gli atti a Catanzaro. Dopo un'istruttoria durata quindici mesi, la procura distrettuale del capoluogo calabrese chiedeva nuovamente il rinvio a giudizio di Mancini e la sua condanna a due anni e quattro mesi. Alla fine di un processo svoltosi, per volontà dello stesso imputato, con il rito abbreviato, il 19 novembre 1999 Mancini veniva assolto perché "il fatto non sussiste". Finiva così un incubo giudiziario assurto per molti versi a emblema del particolare momento vissuto dal Paese nei primi anni Novanta, e coinciso con il fenomeno di "Mani Pulite", il disfacimento della classe politica della Prima Repubblica e la frantumazione del sistema dei partiti che fino ad allora avevano governato l'Italia. Prefazione di Giampiero Mughini.
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