Bioetica senza dogmi
Un orizzonte popolato dai nostri progetti di vita, dalle nostre utopie, ma anche dalle nostre anticipazioni della felicità: molte sono le figure che caratterizzano l'ideale di una "fioritura", di un'esistenza realizzata in tutte le capacità che un essere umano considera degne di attuazione. L'idea di una "buona vita", di antica ascendenza aristotelica, ma oggi riproposto dall'approccio delle capacità in una prospettiva liberale, ci aiuta a comprendere ciò che ci accomuna tutti ma, insieme, ci fa prendere coscienza del carattere irriducibilmente personale delle scelte che ognuno è chiamato a compiere. Se la categoria di capacità appartiene, per la sua apertura universalistica, a ogni cultura e rinvia, in senso forte, a un'identità di specie, è in grado di salvaguardare nel contempo il valore delle differenze linguistiche, religiose, culturali, giuridiche - in un mondo globalizzato. "Prendere sul serio le differenze" - a partire da quelle di genere - consente di aprire nuovi percorsi nella bioetica, di ripensare il rapporto tra i "diritti" e la "cura", di guardare al nostro prossimo oltre la prossimità spaziale, temporale e di specie. L'estensione delle richieste della giustizia al di là delle frontiere geografiche, delle barriere tra le generazioni e verso gli animali non umani asseconda una spinta etica intrinseca allo stesso umanesimo e configura il nuovo scenario aperto all'esercizio della nostra ragion pratica.
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