La città perduta. Simone Weil e l'universo di Linguadoca
Gli ultimi anni della vita di Simone Weil (1909-1943), furono segnati dal desiderio di approfondire ciò che ella considerava le proprie civiltà ispiratrici: la Grecia antica, l'Oriente ed il mondo arabo, l'Occitania. L'influenza della cultura occitanica, in particolare, doveva avere conseguenze profonde sia sull'evoluzione del suo pensiero religioso, sia sulle riflessioni politiche maturate a Londra in piena guerra, durante la stesura de "L'Enracinement". Tale influenza, oggetto di polemica già a partire dall'immediato dopoguerra, spesso negata, altre volte sopravvalutata, viene qui ripresa e ridiscussa, nel tentativo di ricostruire l'ottica con la quale la Weil vi si sarebbe rivolta, attraverso l'analisi dei suoi ultimi scritti, di lettere e appunti inediti. Le considerazioni che ne vengono fuori rappresentano una fonte ricchissima di spunti e stimoli che ella cercò di offrire ad una Francia in guerra, piegata e oppressa dalla propria fragilità spirituale prima ancora che dall'invasione nazista. L'analisi dei miti catari, il concetto di città contrapposto a quello di nazione, la riscoperta di un'identità umana in continua e dolorosa opposizione a quella divina, sono la base di una serie di intuizioni filosofiche che gettando un ponte tra Medioevo e Novecento conservano un fascino immutato anche per il lettore contemporaneo.
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