La luna nel cortile. Capitoli leopardiani (24 vol.)
Gli scritti che compongono questo libro si articolano in tre percorsi di studio. Scavando tra le pagine dello "Zibaldone", si procede anzitutto a un esame sistematico degli appunti e abbozzi poetici, per poi affrontare due temi trasversali: il riso (ossia il comico) che, sentito da Leopardi come manifestazione di insensatezza, va a correlarsi col nulla che ci circonda; la meridionalità da nozione geografica, si trasforma in categoria sovrastorica e si confonde con le stagioni luminose (fanciullezza e prima giovinezza) di ogni creatura umana. Il secondo percorso privilegia invece l'"Epistolario", per ricavarne soprattutto la personalissima idea leopardiana del viaggiare, come strumento di conoscenza di sé e non come occasione per descrivere ambienti e paesaggi. Fa da corollario un capitolo, apparentemente eccentrico, su Paolina Leopardi e Matilde Manzoni, due "viaggiatrici immobili" le cui speculari letture e circostanze biografiche costituiscono un caso singolare di "destini incrociati" all'ombra di Giacomo. Seguono alcune indagini sulla fortuna postuma del poeta. Il capitolo su Schopenhauer fa giustizia di un abusato paragone che ha prodotto la generica formula del "pessimismo leopardiano"; mentre quello su Calvino analizza l'ardita tesi, formulata dall'autore delle "Cosmicomiche", secondo la quale uno dei padri del romanzo moderno italiano sarebbe il Leopardi delle "Operette morali" più che il Manzoni dei "Promessi sposi".
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