Armi leggere e guerre pesanti. Il ruolo dell'Italia nella produzione e nel commercio internazionale
Sono circa quattro milioni le vittime di armi piccole e leggere usate nei numerosi conflitti (interni e esterni) in atto nel mondo tra il 1990 e il 1999, dove non si scontrano eserciti regolari e non esistono dichiarazioni ufficiali di guerra tra Stati. In misura crescente queste armi (pistole, fucili, mitra, mitragliatrici, ecc.) servono per guerre combattute da forze irregolari, che spesso attaccano con atti di terrorismo i civili e arruolano con la forza ragazzi e addirittura bambini. Il successo di queste armi sul mercato è assicurato da una serie di diversi fattori: 1) l'ampia disponibilità di esemplari nuovi ed usati; 2) la facilità di trasporto; 3) il basso costo e la facilità d'acquisto in quantità rilevanti, anche da parte di forze non sempre dotate sul piano finanziario come quelle irregolari; 4) il facile impiego e la lunga durata. Sul piano commerciale, nella seconda metà degli anni Novanta l'Italia risulta tra i principali esportatori di armi piccole e leggere, destinate, tra l'altro, a paesi in conflitto o in stato di crisi (tra cui Turchia, Algeria, Israele, ex-Jugoslavia, Congo, Etiopia, Sierra Leone) con un rilancio del settore reso possibile dall'aumento delle esportazioni, oltre che dagli approvigionamenti interni.