Breviario del pessimista
Nell'intervallo fra le due guerre mondiali si diffonde in Occidente una angoscia per le sorti della civiltà . A partire da Spengler e nel solco delle intuizioni di Nietzsche, molti temono la fine del primato della spiritualità e dell'intelligenza a causa del prevalere della tecnica e della cultura di massa, dell'automazione e del macchinismo, della burocrazia e del totalitarismo. Si diffonde la consapevolezza del 'tramonto dell'occidente', in un sofferto pessimismo sulle sorti della civiltà europea ('kulturpessimismus'). Nella seconda metà del Novecento la veemente protesta di questo 'pessimismo sulla civiltà ' ('kulturpessimismus') largamente si spegne, proprio nel momento in cui i pericoli intuiti all'inizio del secolo si sono fatti più gravi e incombenti (atomica, crisi ecologica ed energetica, ingegneria e manipolazioni genetiche, trapianti, neurochirurgia, mass-media, videopolitica). Sembra quasi che l'assurdo non sia più sul palcoscenico, ma circoli a tal punto per le strade da essere ormai una abitudine. L'uomo narcisista e scanzonato della tarda modernità può parlarne solo indirettamente e giocosamente, con i romanzi controutopici e con i films fantascientifici. Il pessimismo è divenuto cinismo lucido di chi sa bene che non c'è rimedio alla decadenza della civiltà e pensa solo a reperire strategie 'deboli' di sopravvivenza. Eppure il messaggio del pessimismo culturale (qui antologizzato con 356 brani dei principali autori del secolo appena finito) appare ancora necessario, per liberarci dell'ottimismo piatto e fesso della modernità . Ogni pessimismo è contraddittorio e tende al suo autosuperamento, non però nell'ottimismo, ma nella speranza. La catastrofe non è inevitabile, anche se "solo un dio ci può salvare" (Heidegger).
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