Dilemmi, scelte e rinunce con l'aiuto del caso e delle circostanze
Forse è vero che siamo solo ciò che siamo stati. Più precisamente: ciò che ricordiamo di essere stati. La memoria è dunque fondamentale. Platone aveva ragione, salvo il suo mortale errore élitario: l'avere scelto, come valore esclusivo, l'epistéme, la scienza dei pochi, contro l'opinione comune, la dóxa dei polloí. Siamo ricordi personificati, memorie ambulanti. Siamo ciò che un tempo già eravamo, ma di cui ci siamo dimenticati. Bisognerebbe tornare indietro, far emergere quanto giace, sepolto, nel fondo di ogni essere umano. L'inquieto, geniale filologo rinnegato che fu Friedrich Nietzsche presumeva di poter insegnare «come si diventa ciò che si è». Pindaro era più spiccio. Tagliava corto: «Si nasce quel che si diventa». Ora che la mia corsa sta per finire e che certi pruriti notturni sembrano talvolta annunciarmi, quasi misteriosamente, l'arrivo dell'agonia, mi sorgono da dentro domande insistenti, variamente sospese fra curiosità e imbarazzo: ma io, in sostanza, chi sono? Che cosa ho fatto? In una vita, che non si può considerare troppo breve, che cosa ho combinato? Devo forse temere di venire a morte prima d'aver vissuto? Sono dunque stato, per anni e inaspettatamente, un morto che cammina?
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