Sospesi
Una giovane città del centro Italia negli anni che vanno dalla guerra fredda alla caduta del muro di Berlino è stata il punto di passaggio tra due realtà contrapposte: l'Est e l'Ovest del mondo, quando l'Est era la Cortina di Ferro, il socialismo, e l'Ovest la democrazia, l'occidente. La giovane città era Latina e il punto di passaggio era il Centro Assistenza Profughi Stranieri "Rossi Longhi". Il "Rossi Longhi" era "la porta verso il futuro" per le migliaia di profughi che qui aspettavano di volare incontro alla libertà, al benessere che confidavano di trovare in occidente, in genere oltreoceano. Vivevano qui, sospesi, per periodi via via sempre più lunghi, in paziente attesa di una nuova casa, di una nuova vita. Un muro li separava dalla città, divisa tra chi riteneva il Campo "una scomoda servitù" imposta dal Ministero degli Interni, e chi lo vedeva un "osservatorio privilegiato" sulla storia contemporanea. Anche per una città come Latina, figlia della bonifica delle Paludi Pontine e popolata da genti provenienti da più parti d'Italia, il diverso non era facile da accettare; il Campo era una presenza ingombrante, anche e più di un carcere, fino a quando la demolizione negli anni Novanta lo ha ridotto ad un cumulo di macerie, seppellendo le tracce di vita di un'epoca intera.
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