Manzoni gotico. Tre itinerari illegali ne «I Promessi sposi»

Manzoni gotico. Tre itinerari illegali ne «I Promessi sposi»

Una fanciulla perseguitata, un dissoluto, un bandito arroccato nel suo lugubre castello; e poi delitti, incubi, anime del Purgatorio, un convento pieno di segreti, una pestilenza, l'ombra del Diavolo… Volendo, la storia dei "Promessi sposi" si può raccontare anche così: contemporaneo della grande stagione del romanzo gotico, Manzoni riprende e stravolge, fino a renderle irriconoscibili, alcune delle situazioni più stereotipate del genere. Il gotico, però, non è solo un repertorio di temi e cliché. Nel cuore dell'età delle rivoluzioni, il romanzo gotico - da Horace Walpole a Friedrich Schiller, da Ann Radcliffe al marchese de Sade, da M.G. Lewis a Mary Shelley - è forse il genere che più di ogni altro interroga e illumina i lati oscuri della modernità: il problema del male, la natura ingannevole del linguaggio, i fantasmi della storia, i punti morti della ragione, l'elusività del vero. Da questo punto di vista, "I promessi sposi" è forse il romanzo più intimamente gotico della tradizione italiana, e proprio in virtù della sorveglianza con cui Manzoni si tiene programmaticamente lontano dal "guazzabuglio di streghe, di spettri" di certa letteratura a lui contemporanea. Strutturato in tre itinerari, dentro e fuori dal testo, Manzoni gotico tenta così di mettere in pratica un antico suggerimento di Giorgio Manganelli: "leggere in modo illegale I Promessi Sposi", avvicinandosi al romanzo con animo di tombaroli.
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